monologo tratto da BRACCIA

MINISTRO. (Al pubblico, quindi a voi, a noi. Ma anche a se stesso). Signore e signori, cari amici e care amiche, tenere questo incontro in questo teatro è di per sé un esempio di Privatizzazione di un fantastico bene pubblico. La Privatizzazione è una straordinaria decisione politica. Porterà crescita, produttività, una gestione migliore e indipendente, una struttura più competitiva del mercato. Porterà fortuna, amore, sesso sfrenato. Porterà felicità, amicizia, salute, sesso sfrenato. Porterà bellezza, competenza, meritocrazia, sole, sole tutto l’anno, materie prime eccezionali, il Made in Italy, il turismo, sesso sfrenato, la crescita, una grande crescita, un pil ipertrofico, il patrimonio artistico-culturale, la cultura come business, sconfiggeremo il cancro, debelleremo l’infelicità e potremo scopare chi ci pare e quando ci pare. E pure sposarci, perché la famiglia comunque è ancora quello che conta.

In alcuni casi, per trarre beneficio dalla concorrenza generata dalla Privatizzazione, sarà necessaria un’ampia Deregolamentazione. Questo processo potrebbe indebolire la capacità dei governi di perseguire obiettivi non di mercato. Quali? Uno su tutti: la riduzione della disoccupazione. Ma io vi domando: chi se ne fotte? Chi se ne fotte dei disoccupati? È forse un nostro obiettivo la piena occupazione? No che non lo è. Direi che anzi abbiamo bisogno di una disoccupazione strategica. Questo servirà soprattutto a tenere bassi i salari. La gente avrà bisogno di lavorare e sarà disposta a farlo a qualsiasi prezzo. A spostarsi. A rinunciare ai propri affetti, alle proprie relazioni. Ma poi: chi se ne fotte dei salari. Chi se ne fotte dei governi. Chi se ne fotte dei disoccupati e dei loro affetti. Chi se ne fotte della politica. Io di me stesso me ne fotto. Ed è per questo che sono amato da tutti voi. Il lavoro? Chi se ne fotte. C’è qualcuno che lavora fra voi? Non mi pare. La maggior parte di voi chiamerà lavoro qualcosa che è molto distante dal suo vero significato. Labor vuol dire fatica. Travail vuol dire travaglio. Parole dal rumore fastidioso. Un rumore di vertebre schiacciate, di friggitrici che ustionano le mani. Un rumore di presse, di altiforni, di dita tranciate. Di polmoni che sfiatano, di figli che piangono, di madri che piangono. Di noia. Di noia. Di tempo che non passa mai, di tempo sprecato. Non sentitevi in colpa di non lavorare. Fate bene a non lavorare. Il lavoro fa schifo. Lavorare è una merda. Questo ovviamente non lo diciamo fuori di qui. Fuori da questo teatro dobbiamo dire: il lavoro è importante nella vita di ogni essere umano. Ci definisce, ci gratifica, ci conferisce un’identità. Bisogna lavorare sodo perché è solo con il sacrificio che si ottengono i risultati. Mi raccomando, sii un bravo lavoratore. Bravo che ti guadagni la pagnotta con un onesto lavoro. Stronzate. Tutte stronzate. Io non ho certo fatto i sacrifici del mio autista. O della mia filippina che si fa due ore di mezzi pubblici per venirmi a pulire casa. Classico esempio dell’inefficienza statale, i mezzi pubblici. Vi domando chi, chi deciderebbe liberamente di vendere il proprio tempo per fare qualcosa verso cui non nutre il minimo interesse. Qualcosa di faticoso, qualcosa che dura almeno quarant’anni. Otto ore al giorno quando va bene, una vita spesa in un impiego insopportabile. Ma anche se fosse sopportabile, se anche ci piacesse un pochino, siamo sicuri che alla lunga non ci stancheremmo? Chi si metterebbe volontariamente in questo vicolo cieco? Nessuno. Nemmeno io. Col cazzo che lo farei, piuttosto andrei a rubare. Ma ovviamente, ripeto, questo non si può dire al popolo. Il popolo va obbligato, deve lavorare. Sei nato, dunque lavora. Non hai ancora trovato un lavoro? Cercalo meglio, ragazzo. Cercalo altrove, studente. Fai le valigie e corri, giovane eroe, (Pausa).

Vi prego quindi di mantenere una posizione elogiativa nei confronti del lavoro. Vi prego di non preoccuparvi se i governi saranno sempre più instabili. Quando l’avvento della Privatizzazione sarà compiuto le elezioni diventeranno una pura formalità. Con le campagne elettorali distrarremo il popolo dai veri temi. I mezzi di comunicazione faranno il nostro gioco. Non ci sarà nemmeno bisogno di istruirli. La politica sarà la prima e più efficace forma di intrattenimento per questi morti che camminano. Il popolo. Puah! (Sputa). A voi non fa schifo il popolo? Quando si accalca davanti ai centri commerciali, davanti ai fastfood, quando bercia come un branco di scimmie allo stadio? Il popolo ignorante che non sa votare, che non va a teatro, che non legge, che ignora la cultura, il popolo populista, il popolo che ragiona con la pancia, che vota fascista, il popolo razzista, complottista, la plebaglia. Puah! Del resto, il processo di Privatizzazione e Deregolamentazione è inevitabile perché innescato dall’aumento dell’integrazione europea. Nessuno metterà in discussione le regole dell’Europa. L’aderenza al Trattato di Maastricht sarà parte di ogni programma di governo. L’Italia può promuovere questo processo da sé, oppure essere obbligata dalla legislazione comunitaria. Noi preferiamo la prima strada. Siamo gente responsabile. Sappiamo che non c’è alternativa. I mercati vedono le privatizzazioni come la cartina di tornasole della dipendenza dell’Italia dai mercati stessi. Se l’Italia produrrà le riforme necessarie per la Privatizzazione, i mercati ricompenseranno l’Italia. Abbiate fiducia nei mercati. Volevate essere protagonisti? Il mercato vi renderà protagonisti. La vostra vita sarà una storia da raccontare. Un’avventura. Sarete unici, non più persi in una massa anonima. Sarete liberi. Liberi di muovervi nello spazio e nel tempo. Liberi di inseguire i vostri sogni in qualunque angolo del pianeta. Sarete costantemente in viaggio. E quando non lo sarete, saranno i vostri desideri a portarvi lontano. Sempre in movimento, mai statici. Sempre affamati, sempre assetati. Di esperienze, di conoscenze, di informazioni. Di sesso sfrenato.